martedì 11 dicembre 2018

L’interazione uomo-robot: sintesi della prima lezione del corso di roboetica del GdN

Roma, APRA, 26 ottobre 2018. Prima lezione del secondo Corso di Perfezionamento in “Neurobioetica e Roboetica”. Relatore Prof. Stefano Mazzoleni, dell’Istituto di BioRobotica, Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa

Abstract. Avviato con grande successo il secondo Corso di Perfezionamento in Neurobioetica “Neurobioetica e roboetica”, quest’anno dedicato alle proposte provenienti dalla robotica, ampio settore in continuo e rapido sviluppo non solo industriale, anche medico, familiare, privato. 

Proprio la consapevolezza che l’ibridazione uomo-macchina non consiste più in un processo in divenire, ma è già attualizzato, insediato in numerosissimi spazi quotidiani, si fa quantomeno indispensabile la domanda etica ed esistenziale su che cosa avremo da dire di questa nuova identità.

Quello intrapreso dal GdN, in collaborazione con la Cattedra UNESCO in Bioetica e Diritti Umani e l’Istituto Scienza e Fede, ospitati nella prestigiosa sede accademica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, è un accorto, affinato meccanismo di indagine interdisciplinare, che attende il suo proseguo, in questo e nei prossimi quattro anni, per giungere al miglior risultato possibile nell’indagine universitaria, professionale, dedita ai nuovi quesiti che bioetica, filosofia, antropologia, scienze mediche, ingegneristiche, giuridiche, teologiche, interreligiose e multiculturali, sottopongono ai loro strumenti per rispondere all’esigenza di avvicinarsi maggiormente all’uomo di questo secolo, quello che, per certi versi, non disdegna anche un suo superamento.

Il punto di contatto con gli studi del neurochirurgo torinese, Sergio Canavero, circa il trapianto di testa su essere umano, i quali hanno sospinto un preponderante sconvolgimento intellettuale su questa normalizzazione dell’ibrido, prende posizione proprio in quest’ultimo, ovvero nell’intersezione fra l’essere umano “noto” e l’essere umano che probabilmente dovrà conoscersi in maniera differente, grazie alla tecnologia.

Il dott. Stefano Mazzoleni, docente e Coordinatore del Laboratorio di Bioingegneria della Riabilitazione, con il suo intervento intitolato «L’interazione uomo-macchina: possono robot e intelligenza artificiale contribuire a migliorare la nostra qualità di vita, in particolare, la qualità di vita di persone con disabilità?», si è occupato, con grande competenza, di orientare i partecipanti entro la logica dell’ingegneria robotica applicata all’aiuto del fruitore, soprattutto dei pazienti con difficoltà a gestire anche solo la routine giornaliera, in seguito ai limiti fisici imposti. La premura rivolta a tali esigenze spinge nella direzione del servizio, ovvero il carattere più vicino allo spirito di una biorobotica affacciata al bene della persona. Un simile interesse della robotica nelle sue applicazioni e dell’etica verso l’applicabilità, nasce recentemente con l’avvento di una nuova ingegneria orientata alla fruibilità dei prodotti oltre il contesto strettamente industriale-meccanico, fino alle case delle famiglie, dei cittadini, l’uso domestico di un ente costruito per entrare in relazione con i bisogni della persona (elemento dapprima progettato quasi esclusivamente per ottemperare a fatiche, lavori complessi di tipo industriale). 

Una rivoluzione, tanto recente quanto rapida, pone alla base della sua finalità l’osservazione dei fenomeni, che nel caso trattato implica accorgersi dell’aiuto, tacitamente/esplicitamente espresso o semplicemente vissuto, per sollevare dall’ostacolo. L’origine stessa del termine “robot”, derivante da “robota”, rimanda al lavoro pesante, indice della natura insita nell’interazione funzionale-collaborativa con lo sforzo umano, cooperazione che non deve (o dovrebbe) proporsi come scopo la sostituzione per l’ottimizzazione, ovvero l’efficienza che toglie alla dignità, ma bensì il supporto al soggetto pensante, vero protagonista. «Osservare la natura per capirne le esigenze, sulla scia di quanto fatto da Leonardo da Vinci», educare i futuri ingegneri al modello rinascimentale della loro professione, che vedendo traumi o disabilità sappia trarne l’occasione per porre le abilità individuali al servizio. Imprescindibile far proprio questo assunto fondante della biorobotica che ha a cuore la dignità e il bene della persona; indispensabile poiché senza simili traiettorie il poter fare cede alle cause del suo nascere, ovvero il saper creare entra in accordo con la probabilità di distruggere/minacciare l’uomo, un rischio che viene a considerarsi perciò accettabile. 

Un sunto critico di importante valore per attutire l’impatto ambivalente che la biorobotica suscita, mediante la cinematografia o la letteratura, ambedue storicamente influenti nel genio creativo che, dagli anni ’80 con un’impennata decisiva poi negli anni 2000 fino ad arrivare al presente, suggerisce nuovi obiettivi. Dal 2000 con la «bioispirazione» ha preso forma un argilloso terreno dalle moltissime capacità finora poco esplorate: come generare il movimento mediante sensori; chiedersi perché dall’osservazione degli enti naturali e animali non assolverne i limiti tramite la replicazione robotica degli stessi; e così attraversando la robotica rigida, agli albori, fino alla neurorobotica e alla “robotica soft”, una «rivoluzione oggi in atto» affinché si scavalchi la rigidità del meccanismo rendendolo a sua volta più adattabile al contesto d’azione (si è fatto l’esempio dell’intestino). Biorobotica, attualmente, per la chirurgia significa avere del materiale scientifico sperimentato, sperimentabile, in grado di spiegare l’impianto medico di organi ed arti artificiali laddove assenti, richiamando a stretto contatto medici, ricercatori, scienziati, ingegneri il cui lavoro sarà un miglioramento qualitativo della vita dei pazienti per i quali la biorobotica costituirà un vantaggio (es. mano robotica, della quale il dott. Mazzoleni ha evidenziato, semplificandolo per la comprensione dei non addetti, il funzionamento, che si potrebbe riassumere nell’intercettazione dell’impulso elettrico, grazie allo studio dei segnali nervosi, riferente l’intenzionalità di muovere la mano robotica così come consuetudine vuole si muova quella umana). Incisioni più piccole, ospedalizzazione più breve, rischio di infezioni ridotto, dolore minore, tempi di guarigione più veloci, biorobotica in sanità si traduce anche in questi e tanti altri vantaggi recanti un bene difficilmente a dirsi marginale sotto molteplici termini.

Asimov, “I, robot”, le tre leggi, futuristiche visioni distopiche di mondi distanti quali naturale ed artificiale che coabitano un solo corpo, un’unica identità o dimensione, sposta l’immaginario collettivo fra incubo e sogno, timore e speranza. Tensione inconciliabile considerata l’inconoscibilità tanto delle conseguenze prevedibili e imprevedibili quanto dell’animo umano, volto al bene e non sempre memore di quale esso sia realmente. Da un lato l’esperto risponde liberando il territorio da angosce legate all’autonomia del robot, l’uscita dal controllo calcolato, serenità che deriva dalla costruzione di una macchina umanoide, la quale può agire (secondo dettami dell’umano) ma non è in grado di volere; essi, infatti, apprendono ciò che il loro creatore vuole far loro conoscere. Non c’è curiosità. Emblematico dualismo radicale fra mente pensante e corpo, hardware e software.

Considerare il robot come utensile non spaventa, ma pensarlo in vicinanza alla specie umana, questo crea scompiglio, ciò che il prof. Mazzoleni ha citato come “Uncanny valley”, valle perturbante, una «brusca caduta» in quel luogo dove si perde la familiarità serena con oggetti dalle sembianze eccessivamente umane. Finora si è trattato di aspetti tecnici e di discipline scientifiche, il cui sapere in commistione per ammortizzare l’avvicinamento fra uomo – macchina seguendone l’apporto positivo, non esaurisce quel sentimento di estraneità che l’incertezza, di cui parlato pocanzi, prolifica. 

Si chiede, in questa sede, alla bioetica, una funzione cuscinetto grazie alla riflessione critica e razionale che il dialogo fra settori di ricerca vicini o lontani sa edificare quando l’oggetto è un soggetto, cioè la persona. Rincuora l’apporto benefico che, robotica insieme ad intelligenza artificiale, stanno compiendo ed anzi sono destinate a coltivare, ciò non toglie che la vigilanza etica preventiva non debba degenerare nella banalizzazione della stessa: riabilitazione, terapia, cura e supporto tecnico-lavorativo, sembrano non essere discutibilmente date, occorre piuttosto considerare l’ipotesi che non tutti i movimenti filosofico-scientifici abbiano a cuore il bene integro della persona, agendo di conseguenza secondo la misura del vantaggio produttivo, potenziativo o efficientista, seppur questo dovesse costringere a considerare l’uomo come ente non dissimile da ciò che ciascuno nella sua natura voglia trovarci, che è poi l’ardente sottosuolo ribollente del pensare il «supporto senza il conforto» come baluardo dell’innovazione, esercizio contrario allo spirito di servizio del quale si è immediatamente definita l’importanza nel presente incontro. Dialogare sull’insostituibilità della presenza umana nella convivenza con la tecnica è la strategia proattiva messa in atto da questo primo, ricchissimo, appuntamento, il cui spirito risiede esattamente nell’abitare quanto sappiamo insieme a ciò che ancora rimane in attesa.

Prossimo appuntamento, venerdì 23 novembre, ore 17:00, aula Magna (secondo piano) dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma. 


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